Sette nuovi ragazzi sono partiti per la loro esperienza di servizio civile in Kenya, Tanzania e Zambia: qui saranno per un anno un tassello fondamentale della grande macchina che è L’Africa Chiama.
Per questo, abbiamo chiesto a ognuno di loro di raccontare la propria storia.
Salve a tutti e a tutte, mi presento: mi chiamo Anna
Tra poco partirò per una delle esperienze più entusiasmanti e significative della mia vita fino ad oggi: il servizio civile universale estero. A breve volerò su un grande aereo diretto in Tanzania, non so cosa mi aspetterà ma la curiosità e la voglia di iniziare questa nuova avventura sono scalpitanti dentro di me e dire che non vedo l’ora di partire è riduttivo.
Partire è un lasciare andare la stabilità costruita faticosamente in questi anni poiché finiti gli studi alla facoltà di osteopatia ho aperto il mio studio e dopo un paio di anni ho creato il mio giro di pazienti che, a guardarli bene, sembra che stiano bene dopo i trattamenti. Tuttavia, se questi piccoli risultati mi rendevano soddisfatta, sentivo che qualcosa di importante mancava nella mia vita. Sentivo che questa prospettiva lavorativa sarebbe potuta diventare la mia vita, ma prendere la macchina verso lo studio era diventato più un peso che un piacere.
Mi sono chiesta cosa mi potesse rendere veramente felice e l’unica risposta che sono riuscita a darmi è stata quella di tornare in Africa.
Scrivo “tornare” perché l’anno scorso ho avuto la fortuna di poter partire con un gruppo di osteopati presso un centro di riabilitazione per bambini e bambine con disabilità in un villaggio sperduto della Tanzania. Questa breve esperienza mi ha segnato profondamente, sono tornata cambiata e soprattutto piena di domande e dubbi. Ero stata in un Paese dove le abitudini, le persone, le usanze, il cibo, la terra, tutto era diverso e sconosciuto ai miei occhi. Ammetto che non ho capito nulla di quello che ho visto e vissuto, dovevo tornare assolutamente.
Volevo capire e conoscere, parlare con le persone locali, cambiare radicalmente la mia idea di mondo e diventare più consapevole di quello che mi circonda.
Non mi aspetto che tutti questi interrogativi vengano soddisfatti in seguito a questa
esperienza, probabilmente tornerò ancora più confusa di prima, ma mi auguro fortemente che questi mesi, 10 per l’esattezza, possano darmi la possibilità di evolvere, di mettermi in gioco sfidando le mie paure. Spero che possano rendermi più coraggiosa e capace di creare solide relazioni e anche di imparare una nuova lingua!
Al liceo mi sono cimentata nello studio delle lingue straniere; la grammatica è sempre stata il mio forte, capire la struttura delle frasi, coniugare i verbi e imparare a memoria tutte le varie regole ed eccezioni. Tutto molto divertente fino a quando non arrivava il momento di parlare e fare conversazione: paralizzata. Ho sempre provato una gran vergogna, probabilmente dettata dalla paura di sbagliare e fare quindi una brutta figura. Sarà una bella sfida imparare e parlare lo swahili ma sarà allo stesso tempo un importante traguardo per poter sbloccare queste insicurezze.
Concludendo, non vedo l’ora di poter iniziare questa nuova avventura.
Anna
Anna non è partita da sola per il suo servizio civile in Tanzania: leggi anche il racconto di Caterina.