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RESISTERE AL CLIMA - Articolo di Ludovica, Volontaria in Servizio Civile in Zambia

Stefania Ragusa, una giornalista di Africa Rivista, scrive “pochi dubbi a riguardo: il continente che meno ha concorso alla determinazione del cambiamento climatico è l’Africa”, ma c’è un plot twist che per questa volta non ci lascia a bocca aperta, secondo il quale l’Africa sembra essere però proprio quello destinato a soffrirne di più.

Un articolo di qualche anno fa (2022) pubblicato su Greenreport.it (un quotidiano per un’economia ecologica), riportava gli effetti della crisi climatica in Zambia.

Ad oggi, la situazione non è cambiata affatto ed è decisamente peggiorata. Lo Zambia è in cima alla lista delle crisi sottostimate del mondo: altre emergenze hanno oscurato la sofferenza lenta, strisciante ma gravissima e i consistenti bisogni in questo grande e pacifico Paese meridionale. La gente pacifica fa sì che non venga attirata l’attenzione su di sé; conseguenza per cui questa caratteristica positiva sta andando contro gli interessi del Paese, ormai colpito da una crisi lenta, ma molto grave, che ribolle sotto la superficie.

Si tratta di una situazione difficile da affrontare perché il 90% del totale del cibo, qui, viene prodotto dai piccoli proprietari terrieri e il calo della resa dei raccolti sta incidendo negativamente sui redditi delle famiglie e, quindi, sulla capacità delle persone di acquistare beni e servizi.

La popolazione sperimenta, ogni anno, una duplice condizione: da una parte le piogge arrivano più tardi, cadendo cosi per un periodo più breve, dall’altra la regione ha inondazioni annuali, nonché una parte vitale del ciclo di coltivazione. Questo però provoca diversi disagi, perché se la stagione delle piogge si sposta in avanti non si riesce a coltivare correttamente la terra: si è costretti a seminare tardi e le piante non hanno il tempo di maturare.

Gli agricoltori, sperimentando il cambiamento climatico sulla loro pelle pur non sapendo sotto quale veste connotarlo o quale nome conferirgli, sono consapevoli di dover modificare il loro modo di coltivare la terra, ma sanno altresì che la trasformazione è già avvenuta. Anche in tempi meno recenti, gli stessi, erano abituati a subire forti inondazioni, ma ora queste arrivano all’improvviso e se ne vanno bruscamente, danneggiando i raccolti.

Ecco quello che viene definito il “paradosso dell’Africa”: piove di più e più forte, ma la siccità complessivamente aumenta. Ad oggi, gli agricoltori non possono più pianificare il loro raccolto, hanno un urgente bisogno di modificare il loro modo di lavorare ma, talvolta, non hanno esperienza nel farlo, né hanno accesso a materie prime (per esempio i semi) alternative da quelle che hanno sempre coltivato.

Gli eventi atmosferici e le conseguenze che ne seguono sono solo il preludio di quel che avverrà nei prossimi anni e diversi sono i fattori che possono confermare questa “teoria”: il primo, le diminuzioni più significative di precipitazioni sono attese proprio in Africa; il secondo, il clima del continente africano dipende da un mix complesso di sistemi meteorologici di cui, ancora oggi, si sa veramente poco, anche perché rispetto alle altre regioni del pianeta, il continente africano rimane ancora poco studiato; il terzo, la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici è debole, tanto a livello di gestione quanto di scelte individuali; il quarto, l’approvvigionamento di cibo da queste parti rimane molto legato alle precipitazioni: se non piove, non si mangia; viceversa, se piove troppo il raccolto marcisce o viene distrutto e non si mangia ugualmente.

Per scongiurare il peggio bisognerebbe andare all’origine del problema e attrezzarsi per fronteggiare i sintomi.

Per capire quanto si abbia contezza del problema e quali sono gli effetti visibili ad occhio nudo, ho raccolto la testimonianza di Christabel, la nostra insegnante di agricoltura allo Shalom: “da quando ho iniziato a lavorare nel settore dell’agricoltura, ormai quasi quindici anni, ho osservato molti cambiamenti. Agli inizi, non credevo si trattasse degli effetti del cambiamento climatico, pensavo fosse più una situazione che accomunava le diverse aeree in cui avevo svolto il mio lavoro.

Ne ho preso davvero consapevolezza solo qualche anno fa, quando i suoi effetti catastrofici si sono fatti sempre più intensi, mettendo a dura prova lo svolgimento della mia professione. È chiaro che dopo una lunga serie di avvenimenti ti fai delle domande: perché la stagione delle piogge tarda ad arrivare? Perché le temperature sono molto alte?” Ad aiutarla a prendere consapevolezza di questo, è stata la continua trasmissione di informazioni grazie ai social media circa il problema del cambiamento climatico, riscontrato in diverse aree dello Zambia.

Le stesse informazioni che, però, tardano ad arrivare in alcuni dei villaggi lontani dalle città; Christabel vuole sottolineare infatti che: “andrebbero educati anche e soprattutto gli abitanti dei villaggi, il cui accesso alle informazioni non è cosi facile, talvolta quasi impossibile. In Zambia, gli agricoltori (per la maggior parte lavoratori autonomi) credono di poter piantare quello che vogliono quando vogliono. Bisogna rivoluzionare l’approccio tradizionale. Gli agricoltori devono essere informati su quando piantare e cosa, in relazione alla stagione che segue, cosi da non perdere i raccolti”.

La passione con cui svolge il suo lavoro le si legge negli occhi, cosi come la sua positività nella gestione del problema. Cosa fa per contrastarlo? Ricicla la plastica, pianta alberi, ma soprattutto sensibilizza i suoi studenti, per un futuro fertile! 

Ludovica, Volontaria in Servizio Civile in Zambia

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